Ero sul treno merci, avevo corso molto e corso molti rischi, ma ora ero al sicuro; almeno per una notte, fino a che non sarebbero arrivati, alla prime luci dell'alba i facchini a scaricare tutti quei benedetti cassoni che ora mi facevano da armatura per le intenzioni altrui. Quanto avrei voluto che durasse quella notte lo sa solo Dio, che al contrario di lei, non mi aveva mai saputo proteggere. Non avevo mai messo in dubbio la sua esistenza, ma di sicuro la sua bontà d'animo, la sua forza.La notte, lei si che mi faceva sentire al sicuro; il silenzio, l'oscurità, il roteare dei miei pensieri nello spazio tra il canto del gufo e il frusciare delle foglie del faggio, erano cose che mi rassicuravano, che mi rasserenavano; non Dio, con le sue lettere maiuscole e le sua pretesa di dimostrazioni di fede; era per tutto ciò che mi sembrava semplicemente un gran presuntuoso e un nemico della buona fede. Le luci dell'alba ed il canto del gallo uccidevano la mia maestra di vita, la seppellivano sotto il frastuono del darsi da fare, del tirare a campare, delle strette di mano, della socialità imposta da ciò che non ci accorgevamo essere convenzione banale semplicemente perchè durava da secoli; di tutto quel parlare che secondo la notte era superfluo, ed io ero stato, sin da piccolo, sempre d'accordo con lei su questo. Che se non parli secondo i signori della Corte vuol dire che non pensi, che non esisti, quando invece loro parlano molto solo per uccidere il silenzio, ritenuto troppo pesante, gravoso per chi ha pensieri malsani. Manteniamoci in superficie che si respira, quando io invece spesso in superficie non respiravo, era il caso di dirlo che a volte mi sentivo un pesce fuor d'acqua. La notte no, la notte sposava gli abissi e gli rimaneva fedele come una moglie in un vero matrimonio, non come i molti che nascono sempre in nome di Dio.Il treno merci e lei andavano di paripasso a una velocità che mi piaceva poichè faceva passare il vento pieno dei profumi della stagione dell'aprile, ma come tutte le belle cose che ho conosciuto, ad una velocità che avrei comunque voluto rallentare, se non banalmente perchè quanto più si va veloci tanto prima si arriva alla fine della strada.L'unica cosa che avrei dovuto fare allora, e mi ci impegnavo da secoli, era cercare di non pensare alla destinazione, ma pensare al viaggio, al viaggio.
Giulio
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