Toglievo con fatica le ragnatele dal mio cervello
come se il bastone che avevo preso
in prestito dallo stregone si fosse consumato
e non arrivasse più a toccarne gli angoli
e allora pareva inevitabile, con quello strumento ormai del tutto inefficiente che vi rimanesse un pó di sudicio.
si i ricordi sporchi non andavano più via del tutto e
come se non bastasse ci si aggiungevano le proiezioni perverse a completare un quadro di disordine e lerciume.
In alto a destra c'erano mio padre e mio fratello che reggevano la corda dove era impiccata mia madre ed un setter cucciolo che le leccava i piedi penzolanti mentre mia cognata lo accarezzava sorridente.
poco piû in là lungo la parete c'era, bella come la morte di un giorno, la donna che non era mai riuscita ad amarmi del tutto. Cercava disperatamente nelle mie tasche per trovar danaro con due foglietti stretti dentro al pugno, l'uno era un avviso di sfratto e l'altro era un elenco pieno di promesse ed equazioni con la variabile "amore" completamente riponderata al ribasso; il tutto credo fosse per me;
nell'altro angolo, ricordo esserci il mio sogno di costruire case con le scatole di scarpe, il mio sogno di cartone, impossibile da realizzare, cosí bello e semplice, così sereno e poco ambizioso, tanto da costare troppo, troppo per me e per chi mai avesse scelto di sedere davanti al fuoco accanto a me. Nell'angolo geometricamente più lontano a questo c'era Chloe, forse l'unica bestia a cui abbia mai davvero voluto bene,non banalmente perchè era il mio cane, ma perchè mi piaceva davvero. Era una forza della natura, un cane senza razza che poteva battere in velocità e forza qualsiasi pastore o levriero, con la grazia potente di una tigre ed un pelo fatto di luce del sole, che chiedeva d'essere guardato. Chloe, il cane che non si aspettava mai niente. Ogni carezza per lei era importante e non si era mai permessa di entrare in casa, anche quando la porta era aperta. Stava sempre al posto suo e non abbaiava mai, nonostante un suo abbaio avrebbe sconvolto i cieli. Avrebbe potuto ma non lo faceva. Quel cane era forza purissima, delle più buone e sincere. Il mio fantastico cane non di razza. Il ricordo di ogni notte in cui tornavo a casa e aprivo la porta per entrare, lei si avvicinava sapendo che era il momento delle carezze della buonanotte; io non la deludevo e spesso le sussurravo che le volevo bene. Ma davvero. Poi facevo per chiudere la porta e lei si scansava subito. Il momento delle carezze della buonanotte era già finito , ma per lei era stato, come sempre, importante. La mia fantastica, tenera, fortissima bastarda.
Nell'altro angolo, l'unico rimasto, non c'era nulla, era vuoto. L'unica cosa che mi veniva da pensare, o da sperare, era che fosse riservato ai ricordi futuri.
Giulio
No comments:
Post a Comment