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Tuesday, July 31, 2012


bigodini

Ero a casa, a pensare ai grandi scrittori che non avevo potuto conoscere.
Brecht era morto da un pezzo. Se ne stava sotto terra a Berlino.
Garcia Lorca non ne parliamo. Carver e Wallace lo stesso.
Il mondo dei morti era affollato ed interessante.
In tivù LA7 parlava di politica ventiquattr’ore al giorno senza dire niente.
Era tutto così sterile e polveroso. Aria imprigionata in una busta sigillata per vent’anni.
Poi ho pensato che non fosse il caso di piagnucolare. Qualcuno vivo doveva esserci.
Ma dovevo muovermi io. In tivù non ce ne sono. Nessuno te li porta a casa con il corriere Bartolini.
Era il momento. Qualcuno ancora vivo tra i non morti c’era. Ed io sapevo anche dove. Ho acceso il computer e fatto una domanda per l’estero. Ho detto a tutti che avevo una gran voglia di lavorare a Cracovia
ovviamente a zero euro
perché questi sono i tempi infami in cui viviamo
e ovviamente mi hanno preso. Non penso ci fossero molti pretendenti per un posto a zero euro in Polonia. Sono arrivato e niente mi interessava se non il registro degli indirizzi. Il sedici settembre avevo già preso l’indirizzo e il giorno dopo ero in marcia verso casa sua.
C’era questo grande cortile ed io sapevo che l’interno era il 14 ma non volevo piombarle in casa, piuttosto poterle dire grazie guardandole gli occhi.
Spiegarle in inglese – italiano – polacco quanta forza mi ha dato mentre soffocavo perché tu eri morto un giorno in autunno
e nemmeno mia madre aveva fatto tanto
ero lì a pensare a questo quando sentii lo scatto di una porta.
Dal terrazzino al primo piano una signora in vestaglia mi sorrideva gentile. Mentre lo faceva mi scavava negli occhi. Aveva i capelli bianchi e il cielo era plumbeo
e i corvi stavano tutti a becco aperto
e il suo sguardo era l’unico rumore di Cracovia
era simpatia forza armistizi maratone rinascimenti
e anche qualcos’altro che ho ancora dentro e non so scrivere.
Avrei voluto dirle qualcosa ma non si poteva. Ricordo che vidi me stesso farle un inchino e lei poco dopo rispondermi con lo stesso gesto.
In lontananza c’era la sirena di un’ambulanza
i corvi gracchiavano
i cani ululavano mentre ero in Polonia
e la poetessa Szymborska sembrava d’accordo con me su qualcosa
e questo mi dava ancora sollievo
poi chiuse la tenda e andò via per sempre.
Pochi mesi dopo ero di nuovo in Italia a non fare niente quando mi hanno chiamato e così ho saputo che era morta nel sonno.
Ero al bar. Ricordo di essere uscito per strada.
C’era una vecchia che stendeva i panni.
Mi guardava in cagnesco sotto un casco di disgustosi bigodini rosa.
Sempre diffidenza carta vetrata fucili spianati e disillusione
ad ogni angolo
a cercare di intaccare il mio ottimismo e ancora non ce la fanno ed è un’impresa.
Ripensai alla leggerezza della poetessa Wislawa,
all’ironia che ci salverà tutti quanti
- salvo guerre e asteroidi -
e non solo dimenticai che eri morto
ma riuscii a sorridere a quei malefici capelli
a farle un inchino e a tornar dentro.

(marco)

Monday, July 23, 2012


strano

La parola più adatta al mondo è strano
strano vederti una volta al mese
e nel frattempo fermare il respiro
strano lavorare senza essere pagati
e dover ringraziare tutti per il bel gesto
strano è stato dirvi addio e non ciao
ho ancora i vostri numeri di cellulare
guai a chi li tocca

(marco)

Saturday, July 14, 2012


senza lieto fine

cosa ne sapevi tu
di tutti gli improvvisi autunni delle nostre storie
tu lo abbracciavi solo stretto
come avresti potuto fare
per altri cinquant’anni
o magari sarebbe finita male
– esistono anche gli inverni –
ma cosa ne sapevi tu
che non avresti mai potuto scegliere
in quale stagione vivere
tu lo immaginavi solo in estate
ma il tempo delle stagioni
ha improvvisamente virato verso il tragico

(marco)


Nota dell'Autore

Quello che avete letto è un romanzo che riguarda alcune persone che sono state punite eccessivamente per quello che hanno fatto. Volevano divertirsi, ma si comportarono come quei bambini che giocano per strada, che per quanto possano vedere come ciascuno di loro, l'uno dopo l'altro, rimanga ucciso, travolto, mutilato, annientato, non per questo smettono di giocare. Per un certo lasso di tempo noi tutti siamo stati per davvero felici, seduti qua e là senza faticare, semplicemente cazzeggiando e giocando. Ma questo lasso di tempo è stato terribilmente breve e la punizione che ne è seguita è stata al di là di ogni immaginazione; e anche quando infine la vedemmo abbattersi su di noi, non riuscivamo a crederci. Per esempio, mentre stavo scrivendo questo libro ho appreso che la persona su cui ho modellato il personaggio di Jerry Fabin si era suicidata. L'amico, da cui ho tratto le caratteristiche del personaggio di Ernie Luckman, è morto prim'ancora che cominciassi il romanzo. Per un po' di tempo io stesso sono stato uno di quei bambini che giocano per strada; come tutti loro, cercavo semplicemente di giocare invece di fare l'adulto, e sono stato pulito. Io sono nell'elenco che riporto più giù, che è l'elenco di coloro ai quali è dedicato questo romanzo, con tutto quello che di loro è avvenuto.L'abuso di droga non è una malattia, è una decisione, come quella di sbucare davanti a un'auto in corsa. Questa non la si definirebbe una malattia ma un errore di valutazione. Quando un certo errore comincia a essere commesso da un bel po' di persone, allora diviene un errore sociale, uno stile di vita. E in questo particolare stile di vita il motto è "Sii felice oggi perchè domani morirai"; ma s'incomincia a morire ben presto e la felicità è solo un ricordo. In definitiva, allora, l'abuso di droga è soltanto un'accelerazione, un'intensificazione dell'ordinaria esistenza di ciascun uomo. Non è differente dal tuo stile di vita, è semplicemente più veloce. Tutto avviene nel giro di mesi o di settimane o di giorni, invece che di anni. "Prendi i contanti e lascia andare i crediti", diceva Villon nel 1460. Pensarla così può essere un errore, se i contanti sono un soldo e i crediti una vita intera.Non c'è una morale in questo romanzo, non ve n'è di certo una borghese. Non vi si dice che va considerato sbagliato il fatto che loro giocassero invece di faticare; si raccontano semplicemente quali sono state le conseguenze della loro scelta. Nel teatro greco si cominciò, in ambito sociale, a scoprire la scienza, il che vuol dire la legge di causa-effetto. Qui, in questo romanzo, agisce dunque la Nemesi: non il destino, perché ciascuno di noi avrebbe potuto scegliere di smettere di giocare per strada, ma, così come avrete potuto evincere da questa narrazione sorta dalla parte più intima della mia vita e dei miei affetti, una terribile Nemesi per tutti coloro che hanno continuato a giocare. Io stesso non sono un personaggio di questo romanzo: io sono il romanzo. Tuttavia, così appariva la nostra nazione in quel periodo. Questo romanzo riguarda molte più persone di quante ne abbia conosciuto personalmente. Di alcune di loro, noi tutti abbiamo letto qualcosa sui giornali. E' stata, quella di starsene seduti qua e là con i nostri amiconi a cazzeggiare e a registrare le stronzate che dicevamo, la decisione sbagliata di un intero decennio, gli anni Sessanta, sia dentro sia fuori dal sistema. E la natura ci è rovinata addosso. Siamo stati costretti a smettere da cose terribili. Se queste persone hanno commesso un "peccato", è stato quello di voler continuare a divertirsi per sempre, e sono state punite per questo; ma, come ho già detto, se si tratta per davvero di una punizione, sento che è stata eccessiva. Pertanto preferisco pensare a ciò soltanto alla maniera del teatro greco, vale a dire in termini moralmente neutri, come pura scienza, come rapporto deterministico e imparziale di causa-effetto. Li ho amati tutti. Questo è l'elenco di coloro ai quali dedico il mio amore:


A Gaylene, defunta.
A Ray, defunto.
A Francy, psicosi permanente.
A Kathy, disturbi cerebrali permanenti.
A Jim, defunto.
A Val, gravi disturbi cerebrali permanenti.
A Nancy, psicosi permanente.
A Joanne, disturbi cerebrali permanenti.
A Maren, defunta.
A Nick, defunto.
A Terry, defunta.
A Dennis, defunta.
A Phil, disturbi permanenti al pancreas.
A Sue, disturbi vascolari permanenti.
A Jerri, psicosi permanente e disturbi vascolari.

... E così via. In memoriam. Questi sono stati i miei compagni; non ce ne sono di migliori. Restano nella mia memoria e il nemico non sarà mai perdonato. Il "nemico" è stato il loro errore durante il gioco. Che possano tutti loro giocare ancora, in un qualche altro modo, e che siano felici.


(Philip K. Dick - Un Oscuro Scrutare)

Friday, July 6, 2012


mentre dormi

mentre dormi mi ricordo di non dimenticare di non svegliarti ed entro piano, scalzo, mi faccio strada con gli stinchi con coraggio mentre tu hai preso ogni contromisura per i combattimenti con la notte che intraprendi ogni sera. la tapparella chiusa ermeticamente e la mascherina sugli occhi a proteggerti dalla luce. i tappi per le orecchie a proteggerti dalle mie presunzioni di sonno. la sciarpa fin quasi a luglio a proteggere il tuo collo lungo che potrebbe guardare cosa ho in fondo all'esofago e lo fa, tu non lo sai ma ogni tanto lo fa, mi fa pure il solletico. le calze a proteggere i piedi, perché sono le estremità che ci fregano, le cose che stanno in cima e in fondo, come i posti di lavoro e le prime case dalla parte opposta di roma. tipo roma, che non significava niente prima di te, prima di te c'era solo un quartierino dove io facevo il ras ed era bello eh, ma non come ora. quante rocce hai messo nel mio acquario. hai costruito nel mio cuore una specie di enorme cantiere della metro e ci hai messo dentro tutta la città e quanto sei stata svizzera nei tempi di costruzione. quando alzo la testa è buio nella stanza ma non abbastanza per non avvertire la tua armatura resistere alla notte, resistere alle intemperie, la tua armatura che io ogni tanto sono riuscito ad ammorbidire. vorrei metterti un'altra coperta, un'altra sciarpa, un'altra mascherina, altri tappi, altri accessori per la tua sicurezza notturna come ad esempio fare la guardia al tuo sonno giocando con i pupazzi che mi hai regalato. e mentre lo faccio mi viene da scriverti che questo amore è qualcosa come cioccolato che bolle in una pentola, qualcosa che dallo stato solido va a quello liquido, a quello gassoso e agli altri che Stephen Hawking non ha ancora scoperto, si modifica sempre e si stiracchia come gli elefanti sudati del bioparco e non riesco a dargli una condizione stabile ma solo un bacio sull'unico quadrato di pelle esposta ai pericoli della notte, quella notte che verso le sei come al solito si arrende mentre dormi.

(marco)

Wednesday, July 4, 2012


La tua bellezza

Ti piaceva catturare le immagini di mondo
dovunque andavi ed eri fatta di luce,
mi ricordavi sempre che la bellezza si nasconde
dietro gli angoli che non ci va di esplorare,
provandomi che esistono un milione di opportunità.

Non facevi altro che mostrarmi la bellezza
ed eri bella tu,
ma non come si può pensare
secondo le regole ed i canoni
che rendono la bellezza cosa facile, credibile,
eri incredibilmente bella.

Vi erano momenti in cui ti sforzavi
di raccontarmi ciò che avevi visto,
di mostrarmi le tue foto
anche e forse soprattutto quando il mondo
era apparso sbiadito proprio a te
e ci riuscivi nonostante tutto;
Ed io che ero ancora molto ingenuo
e di foto non ne avevo mai fatte
ti chiedevo cosa fosse, una camera oscura.

Giulio

Monday, July 2, 2012


guanti

Maledette domeniche
Di stupide guardinghe zoppicanti farfalle
E tu
Ad incrociare le dita giù nei paesi bassi
Maledette domeniche
Solitarie con me in cucina assolata ed incrostata
E tu
Ad allagare le aule magne del mio cervello
Maledette domeniche
Di sangue e ragnatele e persone scomparse per molto
Ed io
Con i guanti per conservare il dna della tua ultima carezza

(marco)

stamattina a francoforte

come il rumore del traffico  in sottofondo mentre dormi a Bangkok come le luci della mia città che non distinguo all'orizzonte  è in que...